Impossibile non vedere la strategia. E’ quella di sempre, quella del terrore. La Libia è nel caos, tutto il Nordafrica lo è. Ma, secondo la stessa ammissione dell’ISIS, è tutto il sud Europa ad essere minacciato. Minacciato dalla Jihad, i cui attori non sono assolutamente prevedibili. O meglio noi, l’Europa, non riusciamo evidentemente a farlo. Basta ripercorrere i fatti di Parigi, i terroristi vivevano in Francia, si conoscevano i loro spostamenti, eppure… “Voi sapete bene chi sono” ha urlato Amedy Coulibaly ai poliziotti. Ed era vero.

Oggi – come riferito dal Daily Telegraph –  scopriamo che il piano dell’ISIS è di infiltrarsi tra i migranti sui barconi e attaccare navi e compagnie marittime. Se prendiamo questa frase e la guardiamo allo specchio leggeremo un altro titolo: allarme del ministro Gentiloni sui numeri degli sbarchi. Nella sua informativa alla Camera il ministro degli Esteri ha illustrato come la situazione sia totalmente insostenibile per l’Italia, siamo travolti, serve la presenza massiccia dell’Europa. Il nostro Paese non si gira dall’altra parte, in questo siamo un popolo degno. Ma ecco che appare la strategia. Il caos.

Il vertice del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, oggi, dovrà sancire la modalità di intervento in Libia, diplomatico si augura l’Italia. Sulla Francia – che pure si dice d’accordo –  qualche dubbio legittimo c’è. Nel 2011, alleati agli inglesi, furono in prima linea nella cacciata di Gheddafi. Ma la P di popolo era, a detta di molti analisti, la P di petrolio. Oggi cosa è cambiato?

Intanto il Nordafrica esplode. Dopo l’uccisione di 21 egiziani da parte dei terroristi è arrivata la vendetta: è partito l’attacco di terra e le truppe egiziane hanno catturato 55 membri del DAESH (acronimo arabo di ISIS). Ma le truppe dell’ISIS avanzano e puntano alla Tunisia: sul confine è già schierato l’esercito.

Ma l’ISIS non conta tanto sulla forza numerica, sull’arsenale a disposizione. La vera arma è la ferocia, la crudeltà con cui pochi (alla sede di Charlie Ebdo erano in due) attaccano molti. Molti che dovrebbero essere inattaccabili, protetti da un sistema.

I terroristi erano francesi. Molti giovani sono partiti anche dall’Italia per andare ad addestrarsi in Siria e poi tornare. Sono tra di noi. Sono italiani. Cellule pronte ad attivarsi?

Pensare di risolvere la crisi libica con una guerra subito è pura illusione. Ma anche pensare di pacificare le due fazioni che controllano la Libia (ottimo questo riassunto sul Post) e poi gestire una forza internazionale sul territorio sembra davvero non essere risolutivo.

 

 

Sono uscita dalla sala con una sensazione di vitalità addosso. Davvero piacevole, davvero rara, troppo rara ormai. Birdman mi ha restituito il piacere del racconto: intelligente, feroce e mai didascalico, imprevedibile. Il piacere del Cinema.

La storia in sé è molto lineare: un attore in crisi (ovvero in crisi con se stesso poiché intrappolato per sempre nella memoria del pubblico in un ridicolo costume da supereroe e in crisi economica pesante) porta in scena a Broadway un racconto di Raymond Carver (Di cosa parliamo quando parliamo d’amore). Hollywood che va a Broadway ovvero la star che cerca e trova (ri-trova) l’attore.

Ma poi la sceneggiatura si rivela geniale. Divertente, sagace, autoironica. Mai retorica né malinconica. Profonda nella sua analisi dell’uomo, del padre, dell’amico, dell’attore (e soprattutto dell’Ego dell’attore!), del marito. “Ruoli” che coinvolgono tutto il cast.

La regia di Alejandro González Iñárritu ti porta dentro. Sei seduto al cinema? No, sei il film, sei Riggan Thomson, sei Jake, Mike, Sam, Leslie. E sei anche Michael Keaton. Un unico piano sequenza (magia del montaggio) per due ore ti trascina in un altro mondo e alla fine del film quello è anche il tuo mondo. Un’esperienza che hai vissuto.

La recitazione è semplicemente perfetta. Michael Keaton merita l’Oscar. Il cast, Edward Norton in testa, merita l’Oscar. E la fotografia di Emmanuel Lubezki (lui l’Oscar l’ha già preso per Gravity) ci regala frammenti di una realtà che vorresti portarti via, vorresti poter guardare quelle scene, quella luce, ancora e ancora.

L’imprevedibile virtù dell’ignoranza, è il sottotitolo del film ed è anche il titolo dell’articolo che consacra lo spettacolo. Ma è soprattutto la satira della superficialità, della boria, dell’ignoranza e della crudeltà di molta critica che giudica e uccide in punta di penna, senza sporcarsi le mani. Ma qui trova un’arena primitiva, trova chi è pronto a dare il sangue. Letteralmente. E allora le mani te le devi sporcare per forza.

 

 

 

immagine da savpeople.com

immagine da savpeople.com

Quando se ne va uno scrittore che ami è come se ne andasse un amico. Le sue parole ti accompagnano nella vita, i suoi personaggi ti seguono per mesi, ti ritorna in mente una casa, una strada. Luoghi di una memoria né tua né sua, ma universalmente e per sempre nostra.

Quando lessi per la prima volta Occasione d’amore di Nadine Gordimer – quarto anno di liceo –  rimasi letteralmente folgorata dalla sua scrittura: la capacità di collocare le parole in punti così precisi, di tenerle nascoste per poi lanciarle come petardi o lasciarle cadere come per caso. Pensai: ma questo è il fluire dei sentimenti, così sono le nostre emozioni. Semplicemente. Divorai il romanzo, mi appassionai al tema dell’apartheid e feci numerose ricerche; poi arrivarono tutti gli altri, Nessuno al mio fianco, Il Salto, Un ospite d’onore, Storia di mio figlio, Ora o mai più…. Negli anni rilessi più volte i suoi libri con una sensibilità e una consapevolezza ogni volta diverse.

In tutti ritrovavo una delle mie scrittrici preferite, un’amica. Proprio con le stesse sensazioni, il rivedersi dopo uno certo tempo, la certezza che l’affetto è immutato nonostante gli anni e l’eccitazione di scoprire cosa è successo di nuovo nel frattempo nelle nostre vite. La sua, di vita, è stata lunga e densa; è stata l’avventura di una donna che ha saputo mettersi in gioco come essere umano, di un’ artista che ha fatto dell’impegno civile la sua più profonda coerenza creativa.

E l’immagine che ci resta alla sua morte è il riassunto perfetto: c’è il presidente del Sudafrica Jacob Zuma pesantemente criticato dalla Gordimer per le sua politiche stolte che oggi non dice una parola. E c’è Nelson Mandela che in carcere lesse i suoi libri e per la prima volta scoprì la “sensibilità dei liberali bianchi”.

La saluto così. con le sue parole, l’incipit di Occasione d’amore, da dove la nostra amicizia ebbe origine:

“Aveva fatto apposta Jessie Stilwell, a smarrire la strada di casa, ma certe volte vi si ritrovava, ignara del fatto d’esserne scappata ormai da tanto, e di stare ancora fuggendo”.

 

E’ la notizia di questa estate 2014.  A scorrere velocemente i titoli sembra una favola da Le Mille e una notte, sembra di viaggiare sulla machina del tempo: l’ISIS (Islamic State in Iraq and Syria) ha proclamato l’instaurazione del Califfato del mondo islamico. Un termine, Califfo, che rimanda a tempi lontanissimi e luoghi esotici, a storie ormai divenute leggende. Ma quello che è successo in Iraq nelle ultime 24 ore (frutto di mesi di organizzazione e attacchi) non ha nulla della leggenda, fonda le sue radici nella storia, ma è  di fatto un colpo di stato e un conflitto civile. L’Onu denuncia migliaia di morti nella città di Tikrit, centinaia di migliaia le persone in fuga.

Da questa estate cambia la geopolitica del mondo arabo; il nuovo Califfato ha profonde radici storiche e ideologiche, si basa su azioni criminali dall’organizzazione degna dei più sofisticati servizi segreti e ha il suo leader, il suo Califfo: si chiama Abu Bakr al Baghdadi, ha 43 anni, è ricercato dal 2010 e su di lui gli Stati Uniti hanno messo una taglia di 10 milioni di dollari. (prima di lui c’è solo Al Zawahiri, il leader di Al Qaeda che vale 25 milioni di dollari).

Ora, il progetto dell’ISIS è dare vita al Califfato islamico degli Omayyadi che si estendeva dalla Spagna all’India inglobando tutto il Nord-Africa. Si tratta in sostanza di vendicare l’usurpazione coloniale che il mondo arabo subì, secondo i combattenti dell’ISIS, a causa di un accordo segreto nel 1916 tra Francia e Inghilterra per spartirsi il mondo arabo.

Tutti i dettagli in questo articolo di Lettera 43

Commentatori e analisti americani sostengono che questi ribelli non saranno mai in grado di governare il Califfato. Ma i dubbi sono più che leciti, considerando che l’ISIS non sembra affatto una banda di sprovveduti e utilizza tutte le armi oggi a disposizione. Tutte. Coniuga fucili, kalashnikov, carri armati, le più sofisticate armi con un desiderio libertà del mondo arabo; coniuga la storia più antica degli arabi con la storia più nuova dell’umanità, i social network (il responsabile della comunicazione è una sorta di genio del computer). Senza i fucili, è quello che fanno quotidianamente i Paesi occidentali per controllare le popolazioni e i loro consumi.

 

In questo video della Nasa, la simulazione mostra quale sarà il destino dei ghiacciai dell’Antartide nei prossimi decenni. Abbiamo visto negli ultimi 10 anni centinaia di simulazioni, abbiamo sentito numerosi esperti raccontarci a che cosa stava andando incontro quella parte del pianeta, sappiamo tutto degli orsi rimasti intrappolati su un piccolo frammento di un ghiacciaio che si stava inesorabilmente sciogliendo. Ma niente o quasi è stato fatto. Ora è troppo tardi.

La novità di questo nuovo video è che il processo per cui i ghiacciai stanno collassando è IRREVERSIBILE.

Due gruppi indipendenti di scienziati lo hanno annunciato descrivendo la fusione dei ghiacciai come un evento ormai inarrestabile che causerà un innalzamento del livello del mare superiore a quanto stimato in precedenza. Se gli scienziati, tra qualche decennio, selezioneranno una data per fissare nel tempo il cambiamento climatico della Terra, probabilmente quel giorno sarà scelto in questa settimana.

I ricercatori hanno chiarito che il mare si alzerà di oltre 3 metri e mezzo nel corso di alcuni secoli, ma soprattutto che si tratta di un processo contro cui non possiamo fare praticamente nulla. Una diminuzione delle emissioni di gas serra potrebbe solo rallentare la fusione, mentre un aumento potrebbe anche accelerare il processo.

Uno degli studi è stato condotto dalla Nasa. L’altra ricerca, condotta all’università di Washington arriva a conclusioni del tutto analoghe. Un cambiamento che porterà gravi conseguenze, mutamenti geografici, a rischio ormai ci sono milioni di rifugiati climatici. Perché molte delle isole del Pacifico sono destinate inevitabilmente ad essere sommerse. Si parla di almeno 2 milioni di profughi.