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Pesce, pollo, salsicce. Sono solo alcuni dei cibi sistematicamente sofisticati, nel senso di alterati. Ma, pensandoci, i sistemi trovati per rendere fresco il pesce marcio, colorate le salsicce, resistenti ai batteri i polli, sono davvero sempre più sofisticati, raffinati. La procura di Torino, guidata da Raffaele Guariniello, ha aperto un’indagine nazionale per smascherare l’uso del cafodos, sostanza chimica che verrebbe usata per alterare l’aspetto del pesce e farlo apparire come se fosse appena pescato anche dopo molti di giorni. Il cafodos , usato in spray, non lascia traccia e non viene rilevato dalle analisi.
Il procuratore Guariniello ha anche avviato una rogatoria in Spagna per avere informazioni su due ditte che producono e commercializzano la sostanza. Nel fascicolo si ipotizza il reato di frode in commercio, una frode molto pericolosa per la salute: il cafodos non è tossico, ma il pesce marcio può produrre gravi danni, come la sindrome sgombroide, dovuta alla produzione di istamina nel prodotto alterato e in via di decomposizione.

Il cafodos è vietato, come stabilito dalla Nota Chiarificatrice 13093 del 29 aprile 2010 nel quale si ribadisce il divieto dell’uso di perossido di idrogeno nei prodotti della pesca destinati al consumo alimentare umano. Purtroppo smascherarlo diventa difficile, se non impossibile, perché la soluzione svanisce in acqua. Il cafodos viene usato da solo o con il Perossido ed il suo uso è al momento al vaglio della procura di Torino. 

Capitolo Anisakis. I Nas hanno sequestrato nella città di Salerno 30 tonnellate di pesce sgombro in scatola contaminato dal parassita Anisakis, importato da due aziende, rispettivamente a Salerno e Genova, mentre il pesce è stato confezionato in Marocco ed importato da una ditta genovese.

Secondo la legge è opportuno congelare per 96 ore in un freezer a tre o più stelle e ad una temperatura di -18 gradi i pesci e molluschi prima di consumarli in quanto potrebbero contenere larve del parassita. Parliamo di un pericolo autentico per la salute in quanto il verme, se ingerito, o può essere espulso senza problemi o può creare danni all’intestino, fino all’occlusione del tenue o anche ad un foro nella parete intestinale. 

Un altro problema oscuro contenuto nelle carni riguarda la presenza nel pollo di batteri resistenti agli antibiotici. L’associazione Altroconsumo ha condotto un’inchiesta a livello europeo analizzando 250 campioni di petti di pollo per verificare la presenza di batteri appartenenti alla famiglia «Enterobatteriacea», più inclini a manifestare una certa resistenza agli antibiotici.

Il test ha dimostrato come siano stati trovati degli E.Coli nell’84% dei 45 campioni di pollo acquistati in Italia, tra Milano e Roma. Secondo Altroconsumo gli animali, curati con antibiotici per combattere le malattie, possono soffrire della presenza di batteri nel loro tratto gastro intestinale che si abituano al medicinale, con il risultato che l’intero ambiente rischia la contaminazione. L’allarme non risiede nella possibilità che gli uomini si ammalino direttamente per colpa dei batteri ma che la flora animale possa influenzare quella umana così che anche i nostri possano ricevere un meccanismo di resistenza.

Dulcis in fundo – si fa per dire – arriva un pericolo legato ad un colorante, l’E129, presente in una partita di salsicce di maiale proveniente dalla Romania e non dichiarato al momento della produzione e dell’etichettatura. 

Lettura consigliata: Cibo criminale di Mara Monti e Luca Ponzi, Newton Compton.

clessidraOggi a Torino si svolge la VI Giornata Nazionale delle Banche del Tempo, un’occasione per conoscere da vicino quella che è già, in molte parti d’Italia una realtà e che mi auguro possa prosperare sempre di più. La Banca del Tempo non va mai in crisi, non ci sono rischi di quotazioni di titoli, non ci sono sorprese del mercato.

Il principio è quello antichissimo del baratto: in sostanza è uno scambio di tempo, dove un’ora è un’ora, indipendentemente dal servizio offerto; non ci sono prestazioni che valgono di più, vale solo il tempo. Per questo un taglio di capelli può essere scambiato con una torta, un’ora di informatica con una di babysitting, ecc.

La Banca funziona proprio come una…banca! Ovvero, si segnano le ore, i crediti e i debiti di tempo, c’è un estratto conto e si rispettano le regole. Ma, ovviamente, non ci sono sportelli,  bensì l’idea di uno scambio proficuo. Ora, non è detto che il “rimborso” del tempo avvenga dalla stessa persona a cui si è dato: la Banca funziona come cervellone centrale che smista i servizi e le richieste.

Se vi piace di più potete chiamarla LETS (Local Exchange Trading System), con il nome originario, visto che comparve per la prima volta in Inghilterra negli anni ’80.  In generale nel nostro modello di società denarocentrica – ma a maggior ragione con la crisi – il baratto, lo scambio, il reciproco aiuto mi sembrano un’idea concreta ed efficace, forse rivoluzionaria, come leggere una favola nell’era del 3D.

 

Lo scorso 15 novembre il Comune di Torino ha approvato con una delibera la creazione di un registro dei Testamenti biologici in cui ogni cittadino può chiaramente esprimere le sue decisioni in caso di trattamento sanitario di fine vita. Cioè, cosa ognuno di noi vuole che venga fatto nel caso in cui ci si venga a trovare nella condizioni di Eluana Englaro: i torinesi possono lasciare il proprio testamento biologico nel registro comunale ed essere così sicuri che le proprie volontà verranno rispettate. La delibera, come già quella sulle coppie di fatto, nasce a seguito di un’iniziativa popolare che ha visto protagonisti 2.800 firmatari, cittadini torinesi ed esponenti di associazioni o di partiti politici come i Radicali.

Ma sul tema del Biotestamento è in atto già da tempo una battaglia tra Comuni e Governo, il quale, con una circolare (la Fazio-Sacconi-Maroni) ha decretato che i registri sul Testamento biologico sono illegittimi, ovvero che non spetta ai singoli Comuni prendere delle decisioni (oltre a Torino so ben 70 i comuni italiani che li hanno istituiti) e che, quindi, tali registri sono da ritenersi privi di valore giuridico.

E’ lapalissiano che se ben 70 comuni sul territorio nazionale hanno istituito questo tipo di registri su iniziativa popolare c’è un vuoto legislativo da colmare e anche in fretta. Eppure il Governo italiano si limita a reprimere le richieste di uno Stato civile che, nonostante tutto (ed è davvero tanto!) c’è, e non dorme come molti pensano, ma ha anche delle idee. E’ quindi illegittimo esprimere chiaramente le proprie volontà su un tema direi non proprio di secondo piano come il fine-vita? Il 26 marzo del 2009 il Senato ha approvato il Disegno di Legge sul Testamento biologico approdato poi in Commissione alla Camera e finito… dove? Perchè nessuno dei tre ministri pensa neanche lontamente di affrontare il problema?

Stato= cittadini. Ed è quindi legittimo diritto/dovere di ognuno di noi esprimere la propria opinione liberamente e garantirci ad oltranza questa libertà di espressione. Se il Governo di un Paese non agisce, è lo Stato civile, che ha il dovere di farsene carico, perchè non c’è Stato senza cittadini, semplicemente non esiste. E lo fa attraverso quelle Istituzioni che lo ascoltano, come gli organi Comunali che hanno la possibilità di agire sul territorio.
Che si porti una legge in Parlamento e si discuta e si voti: la maggioranza vince. Punto.

Oltre a Torino, il cui sindaco Sergio Chiamparino ha espresso una chiara e decisa volontà di continuare questa battaglia, e ai 70 Comuni in cui la delibera è stata approvata, ci sono casi in cui nonostante il no in Consiglio Comunale si sono trovate altre strade: a Milano la Chiesa Valdese ha messo a disposizione uno sportello per depositare il proprio Testamento bilogico, lo stesso è successo a Napoli dove lo sportello è stato istituito presso la Fondazione Umberto Veronesi. Fino a quando si ha intenzione di ignorare queste voci?

 

 

 

Inauguro oggi una nuova sezione Pagine torinesi, news dalla città in cui (attualmente) vivo e risiedo. Mi piace cominciare con una notizia che è davvero una notizia: da oggi le coppie di fatto a Torino esistono. Naturalmente esistevano anche ieri, ma non per le istituzioni. Il Comune ha approvato una delibera, già entrata in vigore, per il riconoscimento delle unioni civili secondo la formula “stato di famiglia in base ai vincoli affettivi”; ovvero, per la prima volta si riconosce che due persone che vivono insieme, magari anche con figli, pur senza certificati di matrimonio, sono a tutti gli effetti per il Comune di Torino, una famiglia.

Una piccola vittoria dei cittadini torinesi: la delibera infatti nasce a seguito di un’iniziativa popolare, una raccolta di firme consegnata all’allora presidente del consiglio comunale nel 2009.
Chi ne farà richiesta, potrà ottenere quindi tale riconoscimento che consentirà alle coppie di usufruire dei benefici previsti dall’amministrazione comunale quali casa, sanità, servizi sociali, scuola. Secondo i dati raccolti in questi anni, sono circa 32mila le coppie di fatto torinesi che potranno vedere così riconosciuti i loro diritti; già perchè di questo si tratta, del diritto di esistere anche fuori dagli schemi, anche senza cerimonia, testimoni e lancio del bouquet. Della libertà di scegliere come vivere con il proprio compagno/a. Del fatto che in questa delibera rientrano tutte le coppie senza distinzione, eterosessuali e omossessuali, distinzione che è assoluto appannaggio della vita privata di ognuno di noi e non certo discriminante per qualsivoglia istituzione pubblica.

Un primo passo. Piccolo. Ma almeno si va avanti.